<p>acciaio, 148 cm x 216 cm x 155 cm</p>

acciaio, 148 cm x 216 cm x 155 cm

BODY SHELTER

MICROSTRUTTURA

SCULTURA AD USO VOLONTARIO E POPOLARE PER LISOLAMENTO DEL CORPO

Il Rifugio del corpo” è un progetto che invita il visitatore ad attivare un percorso di riflessione tramite lisolamento totale del proprio corpo. Il lavoro si avvale di un doppio contributo: quello artistico – compreso come pratica di esplorazione delle forme, ricerca di tecniche di trasmissione e condivisione delle intuizioni – e quello etnografico – volto allosservazione e la registrazione delle esperienze facendo emergere la parola dei suoi visitatori. Nata dalla preoccupazione per la situazione socio-politica, economica ed ambientale, questa sperimentazione intende sfidare le rappresentazioni attuali del corpo tramite labbattimento del rapporto retinico con la realtà, fornendo un tempo e un luogo di recupero sensoriale. Il corpo è qui inteso come soggetto politico, plasmato dallaccumulazione di (auto)identificazioni razziali, di genere, sessuali, di classe e di (dis)abilità. Costantemente sotto attacco, i corpi, in pericolo, sovraesposti, disciplinati si rivelano al contempo entità pericolose, supporto dideologie repressive, autoreferenziali e militarizzate. Al centro del progetto vi è un volume, la cui meccanica è destinata a incapsulare il corpo tralasciando da ogni simbologia materna o richiamo paternalistico. Mentre il corpo scompare alla vista, divenendo il ricettacolo dellesperienza sensoriale, la scultura appare nella sua forma operativa, contrariamente ad altri costrutti formali, che affollano il paesaggio industriale (villette a schiera, siepi di separazione, capanni per la caccia, capannoni industriali) dallestetica ridondante e brutale, il rifugio accoglie il corpo senza necessità di essere apprezzato dallesterno. È al suo interno che si realizza lesperienza, sottraendo il corpo dal diktat della visione e restituendolo alluso dei sensi trascurati, il body shelter utilizza l’isolamento volontario nellintento di contrastare la tirannia del controllo fisico e sociale, la polifonia multifobica, le architetture violente e le molecole inquinanti. Allopposto di un nichilistico ritiro dal mondo, lopera si contrappone alla rappresentazione visiva del corpo come unico orizzonte dellesperienza. Ricalcando il disegno tecnico, il visitatore agisce sul volume adottando alternativamente una postura riflessiva (imploso) e attiva (esploso) come parte di una stessa pratica di trasformazione. Se il Rifugio del corpo” è il luogo del sentire, dove poter elaborare nuove riflessioni svincolate da costrizioni e pregiudizi basati sullunidimensionalità della visione, lassenza del corpo apre ad un percorso creativo e di emancipazione.

 

The “Body Shelter” is a project that invites the visitor to engage in a path of reflection through the total isolation of one’s own body. The work makes use of a double contribution: the artistic one – understood as the practice of exploring forms, researching techniques of transmission and sharing insights – and the ethnographic one – aimed at the observation and recording of experiences by bringing out the word of its visitors. Born out of a concern for the socio-political, economic and environmental situation, this experimentation aims to challenge current representations of the body by breaking down the retinal relationship with reality, providing a time and place for sensory recovery. The body is understood here as a political subject, shaped by the accumulation of racial (self-)identifications, of gender, sexual, of class and of (dis)abilities. Constantly under attack, endangered, overexposed, disciplined bodies reveal themselves to be at the same time dangerous entities, supporting repressive, self-referential and militarised ideologies. At the centre of the project is a volume, the mechanics of which are intended to encapsulate the body, leaving aside any maternal symbolism or paternalistic recall. As the body disappears from the view, becoming the receptacle of the sensory experience, the sculpture appears in its operational form, in contrast to other formal constructs. The latter crowd the industrial landscape (terraced houses, dividing hedges, hunting lodges, industrial warehouses) with their redundant and brutal aesthetics, whereas the shelter accommodates the body without needing to be appreciated from the outside. It is within it that experience is realised, removing the body from the diktat of vision and restoring it to the use of the neglected senses. The body shelter uses the voluntary isolation to counter the tyranny of the physical and the social control, the multiphobic polyphony, the violent architecture and the polluting molecules. As the opposite of a nihilistic withdrawal from the world, the work contrasts the visual representation of the body as the only horizon of experience. Tracing the technical drawing, the visitor acts on the volume by alternately adopting a reflexive (imploded) and active (exploded) posture as part of the same practice of transformation. If the “Body Shelter” is the place of feeling, where one can elaborate new reflections freed from constraints and prejudices based on the one-dimensionality of vision, the absence of the body opens up a creative and emancipatory path.

Ilaria Simonetti